Per quanto riguarda il Controllo dipendenti  lo Statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970) è la legge primaria alla quale si deve fare riferimento, occupandosi anche della tutela del lavoratore contro il potere invasivo delle tecnologie.

Il D. Lgs n. 151 del 14 settembre del 2015 (Jobs Act), ha riformato l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che è la norma principale in materia. In linea di massima detta normativa stabilisce un rigoroso divieto di taluni controlli ritenuti lesivi dei diritti inviolabili dei lavoratori, salvo l’attenuazione del divieto in presenza di determinate condizioni, con sfavore però verso ogni tipo di controllo occulto.  L’articolo 4, infatti, proibisce l’uso di apparecchiature finalizzate al mero controllo dell’attività lavorativa (controllo intenzionale), stabilendo che “è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”. Ma il secondo comma dell’articolo 4 attenua il divieto consentendo che “gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna.

In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”. Il Jobs Act introduce anche l’ipotesi della “tutela del patrimonio aziendale” tra i casi nei quali sono ammissibili controlli. Quindi, prima di installare sistemi di controllo, il datore di lavoro è obbligato ad informare i dipendenti in modo particolareggiato e prendere opportuni accordi con i loro rappresentanti sindacali. Oppure, in mancanza, con la commissione interna. In assenza di tale accordo si può adire la Direzione provinciale del lavoro, ed il datore di lavoro si espone, oltre che al ricorso del singolo lavoratore, anche al ricorso per repressione di condotta antisindacale. Insomma, è consentita la vigilanza dell’impresa (e in questo caso si parla di controlli difensivi perché tesi alla protezione di beni costituzionalmente garantiti come la proprietà, ma non il controllo investigativo dei lavoratori).

Nello specifico ciò che viene interdetto sono i controlli finalizzati alla verifica delle prestazioni lavorativa del dipendente, ma non certo i controlli giustificati dalla necessità di accertare condotte illecite del lavoratore. Questo è quanto ha di recente ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 4375 del 23/2/2010, chiarendo che l’autorizzazione non serve quando il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori sia diretto ad accertare comportamenti illeciti ai fini della tutela di beni estranei al rapporto di lavoro. È, invece, necessaria se il controllo ha lo scopo anche o solo di accertare l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro. Nel frattempo la giurisprudenza ha chiarito che qualora attraverso il controllo emerga un comportamento pur inadempiente, ma che non riguardi la finalità per la quale l’impianto distanza era previsto, tale prova non potrà essere utilizzata contro il lavoratore 

Per fare un esempio, se le telecamere vengono installate per prevenire furti di beni aziendali, la registrazione di un eventuale comportamento di violazione contrattuale, quale ritardi o scarse prestazioni, non sarebbe utilizzabile contro il lavoratore. Il Jobs Act ha modificato parzialmente la normativa introducendo un’eccezione, in base alla quale l’installazione degli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. smartphone, tablet, personal computer), e quelli per la registrazione di accessi e presenza, non richiede alcun accordo sindacale.

Link Utili:

Una definizione dell’argomento Investigatore Privato data dalla famosa enciclopedia on line. (Wikipedia)