La Corte di Cassazione, con sentenza 7929 depositata il 1 marzo 2011, integra il reato di maltrattamenti in famiglia, deliberando che il reato sussiste anche se la vittima è l’amante e non la moglie. Secondo i giudici, per potersi configurare il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 del codice penale), è necessario che il soggetto abbia con la vittima del reato una relazione duratura simile ad una relazione familiare.
La Corte di Cassazione ha quindi convalidato la custodia in carcere per il reato di maltrattamenti in famiglia e per lesioni aggravate volontarie per un uomo di 40anni di Messina, colpevole di aver maltrattato la sua amante. L’uomo, già stato condannato dal Tribunale delle Libertà di Messina il 14 ottobre 2010, si era rivolto alla Cassazione sostenendo che non poteva essere condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia in quanto il rapporto che aveva con questa donna non era caratterizzato dalla stabilità esistente in un rapporto di “comunità familiare” visto che la donna in questione era l’amante. La Sesta sezione penale della Cassazione però ha dichiarato inammissibile la tesi difensiva dell’uomo, considerando “stabile” la relazione tra i due (la durata del rapporto l’ha resa simile a una relazione familiare) e tale stabilità determina una serie di obblighi dell’uomo nei confronti dell’amante paragonabili agli obblighi di solidarietà e assistenza tipici della comunità familiare. Neanche la circostanza che l’uomo continui a vivere con la moglie e i figli, sarebbe sufficiente ad escluderebbe il reato.